sabato 12 maggio 2012

{2a Parte} R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A V E D I C A

    R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A  V E D I C A - Parabhakti Das - {2a Parte}

La musica dell'universo: la relazione tra noi e i sacri suoni. marzo 2010
Di Krishna Kanta Dasi (Catherine Ghosh)

La musica dell'universo: la relazione tra noi e i sacri suoniTutto inizia da un seme. Le scritture antiche descrivono questo seme originale, chiamato bija, come un suono. Esse raffigurano l’immagine mistica di un suono primordiale dal quale l’intero cosmo si è manifestato. Vedono pianeti, stelle, galassie legate insieme magicamente da frequenze sonore. Anche la fisica quantistica ha da poco scoperto questo campo di vibrazione dinamica che unifica e sostiene, sopra il quale fluttua tutta l’esistenza. Il nostro universo fisico contiene in sé stesso delle caratteristiche musicali.

A livello atomico, ogni cosa danza, creando la sua propria “musica”, vibrando a diverse frequenze sonore. Ci sono suoni che ci imprigionano in questo mondo temporaneo e suoni che ci liberano da esso. Nello yoga sintonizziamo noi stessi su quelli liberatori, cioè le frequenze divine dell’universo. Attraverso la pratica dello yoga, possiamo partecipare alla sinfonia dei suoni sacri.

Tra tutti gli antichi rituali dell’umanità, nessuno è così largamente applicato in questi tempi moderni come quello che rende gloria alla divinità mediante il canto o la recitazione. In tutte le varie tradizioni e fedi che abbelliscono il mondo, sia che una persona sia cosciente che la vita origini dal suono oppure non lo sia, il cuore dell’uomo è stato sempre motivato ad esprimersi attraverso il suono.

Dopotutto, noi veniamo all’esistenza come neonati attraverso il suono. La conferma della nostra esistenza avviene quando i nostri primi pianti sollecitano una amorevole e appropriata risposta dai nostri genitori. Così impariamo che possiamo influenzare la vita intorno a noi tramite il suono, e reciprocamente siamo incredibilmente influenzati dai suoni dell’ambiente circostante.

L’esperienza uditiva lascia delle impressioni nella nostra coscienza che sono differenti da qualsiasi altro stimolo percepito dai nostri sensi. Il potenziale che il suono possiede nell’influenzarci ad un profondo livello emotivo fa della musica il nostro linguaggio universale. In accordo alle antiche tradizioni, la musica è ovunque.

Noi ascoltiamo il linguaggio musicale nel canto degli uccelli, nel gorgoglìo dei ruscelli, nel rullare dei tamburi, nei grilli della sera, nel mare in tempesta, nel riso, nel pianto, in ogni cosa. Le più antiche tradizioni credevano che l’universo intorno a noi “cantasse”, comunicandoci. La vibrazione energetica che produceva il suono era in sé stessa evidente e i significati di questi canti non richiedevano spiegazioni.

In sanscrito, questo si chiama samskrita, o “comunicazione perfettamente compiuta” perché denota un’intima relazione tra la struttura della realtà e il suono prodotto. La filosofia mimamsa dichiara che tutti i suoni esistono eternamente e richiedono solo una variazione delle arie oppure del respiro (individuale o universale) affinché si manifestino.

Questo movimento delle arie (prana) è attivato dal fuoco (agni), oppure dalla luce, simbolo di conoscenza. Il linguaggio sanscrito si crede sia stato generato da una conoscenza segreta trasmessa dal suono che è uno dei più potenti mezzi di rivelazione. Gli antichi inni vedici (dei Veda) sono dirette manifestazioni dei suoni sacri che ascoltiamo (shruti) dai saggi poeti che li sintetizzano mettendoli in forma scritta.

Questo “ascolto” avviene dapprima nella propria coscienza. Queste rivelazioni assumono una controparte sonora. La consistenza tra i suoni (shabda) e il loro significato (artha), la realtà così annunciata, stabilisce la chiarezza nella comunicazione. L’universo ha sempre parlato all’uomo in un linguaggio chiaro. Ma cosa ci sta dicendo?

L’universo ci parla costantemente della natura divina di tutto ciò che ci circonda! La Chandogya Upanishad descrive che tutta la musica, tutte le canzoni, le parole e tutti i suoni sono uniti tra di loro dal pranava omkara, come foglie unite al ramo. Gli yogi identificano la sillaba sacra “OM” come il suono sacro originale dal quale provengono tutti gli altri suoni. Non fu mai creato e non sarà mai distrutto. Tutti i suoni esistono eternamente all’interno dell’OM ed è solo un cambiamento nel livello vibrazionale della nostra coscienza che produce suoni diversi.

 Poiché “la natura dell’etere nello spazio del cuore” (antar-hridayakasha-shabdham) è in effetti uguale alla sillaba OM, questo cambio di coscienza inizia con il parlare e cantare dal profondo del cuore. I praticanti seri dello yoga hanno come scopo il generare suoni che emanano direttamente dai loro cuori, dallo spazio dentro di noi, che è qualitativamente non differente dall’OM. Molto spesso un cuore addolorato, solo, affamato inizia il proprio viaggio nel suono sacro.

La letteratura vedica ci offre una bellissima narrativa illustrandoci il modo in cui il primo essere creato sperimentò il suono sacro. Questo si collega con il profondo desiderio di unirci con le nostre aspirazioni divine. Il primo essere creato, Brahma (la divinità dei Purana), si sentiva insoddisfatto, seduto in solitudine sul fiore di loto della sua coscienza che stava sbocciando. Brahma si mise ad ascoltare in quieta meditazione, cercando di capire la ragione della sua esistenza e invitandola a manifestarsi.

Sintonizzandosi con la musica dell’universo, ‘vak’, ella apparve davanti a lui come Sarasvati, la dea della musica e del sapere, offrendogli un valido strumento per aiutarlo a concentrarsi dentro il suo cuore. Questo strumento è il mantra che servì a liberare (tra) la sua mente (manas) per raggiungere un livello di ricettività al suono sacro. Quando il potere di ascolto divenne sempre più profondo, egli sentì il suo cuore impregnarsi di shabdha brahman (il termine usato nelle Upanishad per designare il divino), o il suono assoluto.

Questo suono incantevole era quello del flauto di Krishna, che nella sua potenza spirituale non differisce dall’OM, il quale sbocciò dapprima nel gayatri mantra, poi nei quattro versi essenziali del Bhagavata purana e successivamente nell’intero Veda! In tale modo la ricerca del significato della vita e delle rivelazioni divine diventano strettamente unite alla sperimentazione dei suoni sacri. I mantra ci preparano a questa esperienza.

I mantra sono le chiavi della creazione. Le loro vibrazioni, come le parole e la musica, sono infuse di energie creative specifiche. L’antica scienza medica dell’Ayur Veda riconosce tre tipi di mantra che corrispondono alle tre qualità caratteristiche della natura che permeano l’universo fisico. I testi vedici descrivono questa energia costituita da suoni come uno stampo, un progetto mediante il quale un suono assumerà una forma fisica o mediante l’effetto che avrà sull’ambiente. 

Particolari codici sonori informano la materia sull’aspetto che dovrebbe avere. Le rappresentazioni visuali dei mantra che comprendono colori specifici e strutture geometriche che assorbono l’energia dei mantra sono chiamati yantra. Dagli yantra sono generate altre forme. Qualsiasi oggetto materiale incontriamo, perfino ogni emozione sottile, ha una controparte sonora. Alcuni yogi mistici riescono, in modo strabiliante, a manifestare un oggetto fisico recitando un mantra il cui suono contiene i semi per la creazione dell’oggetto. 

Noi abbiamo la stessa capacità mistica di manifestare la nostra coscienza divina attraverso dei mantra dall’origine sonora appropriata. Questa coscienza divina è dentro di noi, nel più profondo del nostro essere.

La più potente esperienza del mantra divino accade quando noi liberiamo la nostra mente nella sua manifestazione sonora attraverso una recitazione costante: “Questa [rappresentazione verbale del Supremo] deve essere ripetuta costantemente e il suo significato è percepito nel cuore” (taj-japas tad-arthabhavanam, Yoga Sutra 1.28, traduzione del Dott. Graham Schweig). Il saggio Patanjali incoraggia qui una continua e sentita ripetizione del mantra divino, il quale invita l’essenza spirituale a manifestarsi nella nostra esistenza.

I mantra sono di natura misteriosa ed eterna e hanno il potere di tirare le redini dei nostri pensieri fluttuanti per attrarci nella profonda e gioiosa esperienza dell’essere. I mantra sono le chiavi che aprono il dialogo interiore naturale dell’anima con la divinità. Per una pratica yoga che sia efficace, i mantra sono dunque essenziali.

Quando vengono recitati ad alta voce, con un accompagnamento musicale, insieme ad altre persone che compiono le stesse pratiche (kirtana), oppure recitati in una meditazione solitaria e devota (japa), l’intonazione dei sacri suoni nella forma dei mantra è di una potenza unica e insuperabile allo scopo di elevare velocemente la coscienza.

Il solo requisito per un canto efficace dei mantra è quello di sospendere completamente la propria identificazione con la mente. Per uno yogi, il più grande sacrificio, o yajna, è l’arrendere la propria mente al mantra. Questa offerta della propria mente con la recitazione di preghiere nel linguaggio rituale, o mantra, è il più antico metodo usato dall’umanità per unirsi alle sue origini divine. Dall’antichità fino ai giorni d’oggi, la meditazione con kirtan e japa è praticata abbondantemente da coloro che rifiutano di limitarsi entro i confini della materia.

Completamente al di là del vertiginoso ciclo dell’esistenza materiale, nel regno divino, dove ogni parola è una canzone e ogni passo una danza che celebrano la divinità, l’antica poesia sanscrita rivela un kirtan ispirato che consiste di 16.000 partecipanti principali! Il decimo canto dell’opera Bhagavata Purana, conosciuto come la rasa lila di Krishna, risplende con bellissime descrizioni di maestri di yoga chiamati gopi.

In risposta a un richiamo d’amore da parte della divinità (quando Krishna suona il suo flauto), queste perfette yogini sono ispirate spontaneamente ad unirsi tra di loro e con la divinità, creando un cerchio perfetto di canti, danze e musica. Questo cerchio è conosciuto come rasa mandala, e i grandi maestri ci hanno rivelato che è l’essenza di tutti i kirtan che hanno decorato l’etere dall’eternità.


        Quando noi offriamo i nostri cuori alla pratica del kirtan, recitando versi sacri, mantra sacri, noi invitiamo la divinità a una relazione più intima, proprio come quella ottenuta dalle gopi con Krishna, quando esse danzarono nella rasa mandala, abbracciandolo. Questa unione è il cuore dello yoga, ed è compresa nella definizione stessa della parola yoga: dalla radice sanscrita “yug” che significa “unire”, “aggiogare”, “connettersi”.

Al di là dell’ovvia intimità tra l’anima e la divinità, la rasa mandala indica una potente connessione tra i membri della comunità degli yogi e yogini che insieme si sforzano di realizzare intimamente il divino. Questa comunità spirituale si chiama sanga, ed è costituita per ravvivare la nostra danza con il divino. Nel libro di Graham Schweig, La danza del divino amore, egli estende la definizione del termine sanga, come simbolizzato dalla danza rasa, accogliendo tutte le diverse tradizioni religiose.

Le gopi danzano e cantano in sinfonìa nella rasa lila (una manifestazione dei loro sentimenti armoniosi e sincronici nella celebrazione della divinità) diventando un modello comportamentale per gli esseri umani nell’unirsi insieme all’eterna danza dello yoga: “dove Dio e l’anima perdono sé stessi nei ritmi, nelle melodie e nei movimenti dell’amore divino!”

 Questa “danza dell’amore divino” è la più elevata realizzazione del kirtan, il fine del canto dei mantra.



Innamorarsi del divino attraverso i suoni sacri! Cosa può essere più allettante? Una pratica di yoga efficace renderà la persona particolarmente accorta ai suoni che produce e ai suoni che ascolta, perché la pronuncia e l’ascolto del suono costituisce un cerchio completo nel esperire i suoni sacri. Le scritture vediche sono conosciute come Shruti (conoscenza ricevuta attraverso il sistema uditivo). Shruti è anche conosciuta come apaurusha, cioè la conoscenza che non ha origine dall’uomo.

L’“oratore” dei suoni sacri è la divinità stessa, questo è confermato dal Bhagavata Purana (3.26.33). Gli yogi cantano di questo regno immortale quando permettono a loro stessi di essere usati come strumento del divino. Questa esperienza sommerge il cuore dei più sinceri partecipanti al kirtan.

Il mantra è dapprima cantato dalla persona che guida il kirtan (mentre l’udienza ascolta), successivamente l’udienza risponde (mentre il leader ascolta). I suoni sacri sono così sviluppati in modo ciclico e dialettico.

Questo dialogo sacro tra colui che guida il kirtan e coloro che rispondono serve come modello di una comunicazione illuminata – le parti sono sintonizzate tra di loro, espressioni che si rispecchiano con l’intento di fare della divinità l’asse attorno al quale ruotano i suoni.

In modo simile, nella recitazione individuale del japa è generato un ritmo ciclico simile a un mandala, con l’aiuto di un mala – una corona composta da molti grani – e durante la recitazione il senso del tatto aiuta la concentrazione sulla pronuncia e l’ascolto del mantra.

Lo sviluppo della nostra relazione con il suono sacro è molto illuminante. La nostra percezione della realtà risplende più luminosa quando coscientemente ci sforziamo di unirci alla sinfonia dei sacri suoni che sostengono ogni esistenza. Questo atto di unione è yoga.

Il creare suoni che nutrono la nostra esistenza allinea la nostra aria vitale (prana) con la luce della pura coscienza. I suoni così pronunciati aspirano a diventare simili alle canzoni piene d’amore delle gopi.

Scopriremo così il potere del suono raggiungendo la destinazione più meravigliosa, questo luogo divino che è già dentro di noi.





I Guna – Gli influssi della natura materiale aprile 2010

I Guna Sattva Rajas TamasI Guna sono le tre energie materiali che influenzano la vita di tutti gli esseri viventi:

TAMAS l’ignoranza - RAJAS la passione - SATTVA la virtù.

La miscela praticamente infinita di queste tre influenze determina i diversi corpi psicofisici presenti non solo sul pianeta terra ma nell’intero universo. Virtù, passione e ignoranza guidano e controllano le diverse azioni e le fasi della giornata, catalogano i cibi, ordinano culture, politiche ed anche tradizioni religiose. La loro interazione è naturalmente necessaria per la vita stessa, tuttavia, in accordo agli obiettivi che ci prefiggiamo è fondamentale coltivarne, circostanziarne o rifuggirne le differenti influenze.

La tradizione vedica indica in Brahma (il “costruttore” dell’universo materiale) il responsabile di Rajas, in Visnu (il mantenitore-proprietario della materia e origine dell'essenza spirituale presente in ogni essere vivente) quello di Sattva e in Shiva (il distruttore trascendentale) quello di Tamas.

La tradizione monoteista vaisnava, alla quale appartengo, identifica Brahma come uomo, pur nella posizione più elevata dell’universo, Shiva come divinità a sé stante e Vishnu come Dio, la Persona Suprema. Tutte le tradizioni yogiche sono comunque concordi nel considerare la virtù come base di partenza per accedere alla conoscenza spirituale, necessaria per liberarsi dalle catene dell'esistenza materiale e raggiungere la dimensione spirituale.

La Bhagavad-Gita, l'antichissimo testo sacro che riporta il dialogo tra Krishna (nome intimo di Dio che significa l'Infinitamente Affascinante) e il suo amico e discepolo Arjuna, ci istruisce sulla natura di queste influenze e su come trascenderle:

“La natura materiale è formata da tre influenze: virtù, passione e ignoranza. Quando l'essere vivente entra in contatto con la natura materiale diventa condizionato da queste influenze.” (B.g. 14.5)
Sattva
“O Arjuna senza peccato, sappi che la virtù, la più pura delle influenze materiali, illumina e libera dalle conseguenze di tutti i peccati. Chi è sotto il suo influsso sviluppa conoscenza, ma diventa condizionato dal senso di felicità che essa procura.” (B.g. 14.6)
Rajas
“La passione consiste in desideri ardenti e senza fine, o figlio di Kunti. Essa lega l'anima incarnata all'azione materiale e ai suoi frutti.” (B.g 14.7)
Tamas
“O discendente di Bharata, l'ignoranza è causa d'illusione per tutti gli esseri. La follia, la pigrizia e il sonno, che legano l'anima condizionata, sono il risultato di quest'influenza.” (B.g. 14.8)

La Bhagavad-Gita scende ulteriormente nel dettaglio sugli atteggiamenti che gli individui esternano in accordo ai guna predominanti che ne sottolineano la natura divina o demoniaca (nella sua accezione classica di separato dalla Divinità).

L'uomo che si lascia travolgere dalle influenze inferiori dell'ignoranza e della passione sviluppa pensieri ed azioni egoiste, spesso “torbide”, che l'avvicendarsi delle epoche storiche cambia solo nella modalità d'espressione, ma non nell'essenza:

“Gli uomini demoniaci si rifugiano nell'arroganza, nell'orgoglio e nella lussuria insaziabile, diventando così preda dell'illusione. Affascinati dall'effimero, dedicano la loro vita ad attività malsane.”
“Credono che godere dei sensi fino all'ultimo istante di vita sia la necessità dell'uomo. Così la loro ansietà non trova fine. Incatenati da centinaia e migliaia di desideri materiali, dalla lussuria e dalla collera, accumulano denaro con mezzi illeciti per soddisfare i sensi.”
“L'uomo demoniaco pensa: Oggi possiedo tutte queste ricchezze e secondo i miei piani ne guadagnerò sempre di più! Quell'uomo era tra i miei nemici e io l'ho ucciso (sconfitto); quando sarà il mio turno ucciderò anche gli altri (sconfiggerò chi mi ostacola). Sono il padrone di tutto. Sono perfetto, potente e felice, sono il più ricco e sono circondato da un'alta parentela. Non esiste nessuno potente e felice come me. Compirò sacrifici, farò la carità e me ne compiacerò. Ecco come queste persone sono sviate dall'ignoranza.” (B.g. 16.10-15)

Leggendo la Bhagavad-gita, possiamo comprendere come una mentalità come quella appena descritta, che guida moltissimi uomini moderni, intanto non sia una novità, ma semplicemente la conseguenza di un'educazione familiare, scolastica e sociale troppo permeata dalle influenze di Tamas e Rajas.

Le caratteristiche della , sempre più rara, persona sattvica sono così sintetizzate:

“Il Signore Beato disse: L'assenza di paura, la purificazione dell'esistenza, lo sviluppo della conoscenza spirituale, la carità, il controllo di sé, il compimento di sacrifici (cerimoniali), lo studio dei Veda (sacre scritture), l'austerità e la semplicità; la non violenza, la veridicità, l'assenza di collera; la rinuncia, la serenità l'avversione per la critica, la compassione, l'assenza di cupidigia; la dolcezza, la modestia e la ferma determinazione; il vigore, il perdono, la forza morale, la purezza, l'assenza d'invidia e sete di onori – queste sono, o discendente di Bharata, le qualità trascendentali degli uomini virtuosi, degli uomini di natura divina.” (B.g. 16.1-2)

La conoscenza del modo in cui operano i guna ci offre migliori possibilità di compiere scelte corrette per pianificare un futuro sereno, pacifico e armonioso.

Per sfuggire o mitigare la loro influenza è necessario riorganizzare la nostra vita, cominciando dall'agenda giornaliera che dovrebbe includere pratiche di meditazione o preghiera (possibilmente nelle prime ore del giorno quando la vibrazione virtuosa è ai suoi massimi) proseguendo nella selezione dei cibi, delle letture, dei programmi televisivi, delle amicizie poiché il nostro benessere psico-fisico e spirituale dipende dall'impostazione che diamo alla nostra quotidianità. La virtù ci aiuterà a essere meno condizionati dalla moda, dalle tendenze del mercato, dall'imperversante, aggressivo e distruttivo gossip che domina la pseudo-cultura odierna. Trasformare la nostra vita scegliendo un indirizzo più virtuoso, non porta solo a un beneficio personale, ma è anche un atto di grande responsabilità ed affetto verso i nostri cari e verso tutta la società che si nutrirà dell'esempio dato da persone mature ed equilibrate.

Come sempre avviene quando si desidera raggiungere un obiettivo, i sacrifici sono parte attiva del percorso, ma mentre quelli legati all'accrescimento del proprio prestigio, potere o ricchezza, sono di natura effimera e sono sempre intrisi d'insoddisfazione, quelli legati alla virtù, aprono sentieri nuovi che conducono alla libertà dal condizionamento materiale e a una felicità duratura:

“Le austerità del corpo sono: adorare il Signore Supremo, i brahmana, il maestro spirituale e i superiori come il padre e la madre. La pulizia, la semplicità, la continenza e la non violenza sono anch'esse austerità del corpo.”
“L'austerità della parola consiste nell'usare un linguaggio veritiero, volto al bene di tutti e nell'evitare i termini offensivi. Bisogna anche recitare regolarmente i Veda.”
“Serenità, semplicità, controllo di sé e purezza di pensiero sono le austerità della mente.”
“La triplice unione di queste austerità, praticata con fede dagli uomini il cui scopo non è quello di ottenere qualche beneficio per sé, ma quello di soddisfare il Supremo, appartiene alla virtù.” (B.g 17.14-17)
“Ma quelle penitenze e austerità ostentate che si compiono per ottenere rispetto, onore e venerazione, si dice che appartengano alla passione. Esse non sono né stabili né permanenti.” (B.g. 17.18)
Infine, le penitenze e le austerità compiute stupidamente e fatte di torture ostinate, oppure per ferire o distruggere gli altri, si dice che appartengono all'ignoranza.” (B.g. 17.19)

Riassumendo, chi è avvolto dall’ignoranza è caratterizzato da un ostinato materialismo, è irascibile, pigro, avaro, ipocrita, furbo nell’insultare, dorme più ore del necessario, è sempre triste e rimanda continuamente i suoi compiti all’indomani, agisce per capriccio, senza uno scopo, e non mostra alcun interesse per la conoscenza spirituale. Agendo sempre contro i precetti delle Scritture, compie azioni in modo incosciente, dimenticando completamente la distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, senza considerare le conseguenze o l’incatenamento che queste azioni generano e senza preoccuparsi di non fare violenza agli altri. Il suo unico scopo è quello di soddisfare le necessità del corpo (mangiare, dormire, accoppiarsi e difendersi), conducendo così uno stile di vita simile a quello di un animale. La sua concezione della felicità è fondata sull’illusione e sulla degradazione.
L’uomo dominato dall’ignoranza predilige cibi privi di gusto e di freschezza, puzzolenti, decomposti e impuri come carne, pesce, uova e alcolici; compie sacrifici senza alcuna fede e in modo contrario ai precetti delle Scritture: le divinità sono oggetto di adorazione al solo scopo di ottenere un tornaconto materiale personale; compie austerità in maniera sciocca, con ostinate e insensate torture oppure allo scopo di ferire o distruggere gli altri.

La passione è caratterizzata dall’influenza che l’uomo e la donna esercitano l’uno sull’altra. E quando l’influenza della passione aumenta, con essa aumenta il desiderio di godere della materia e dei sensi materiali fino a generare desideri e aspettative illimitate e incontrollabili. L’uomo passionale segue i suoi desideri materiali, è presuntuoso, insoddisfatto perfino nel guadagno, si considera differente e migliore degli altri, prova gusto a sentirsi elogiato e ha la tendenza a ridicolizzare gli altri.

La conoscenza dell’uomo così influenzato si basa sulla speculazione mentale che genera teorie secondo le quali il corpo è considerato il vero io e la coscienza un epifenomeno temporaneo del corpo, escludendo l’esistenza nel corpo stesso dell’anima spirituale eterna. Questo porta a una comprensione perversa e illusoria che porta, a sua volta, alla non distinzione tra religione e irreligione, tra verità e illusione, tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che non va fatto.

L’uomo influenzato dalla passione è sempre alla ricerca del proprio interesse personale nella religione così come nella gratificazione dei sensi: attaccato ai frutti del suo lavoro è intento a goderne il più possibile; è avido, invidioso, trasportato dalle gioie e dai dolori. Agisce con grandi sforzi esclusivamente per appagare i suoi desideri materiali, generando così infelicità.

L’uomo condizionato dalla virtù sviluppa una saggezza superiore a quella degli uomini condizionati in altro modo, non è molto colpito dalle sofferenze di questo mondo ed è consapevole dei suoi progressi nella conoscenza materiale: l’influsso della virtù porta una conoscenza più approfondita e una sensazione più intensa di felicità. Qualità generate sotto l’influenza della virtù sono il controllo della mente e dei sensi, la tolleranza, il discernimento, l’aderenza al proprio dovere prescritto, la veridicità, la misericordia, la soddisfazione in qualsiasi condizione, la generosità, la rinuncia alla gratificazione dei sensi, la fede nel maestro spirituale, la carità, la semplicità, l’umiltà e la soddisfazione nel sé.

La conoscenza sotto l’influenza della virtù permette di distinguere in tutte le entità una natura spirituale unica ed eterna, ossia l’energia spirituale presente nei corpi di tutti gli esseri viventi e porta l’uomo a discriminare in modo intelligente, alla luce delle Scritture, su ciò che va fatto e ciò che non va fatto, su ciò di cui avere timore e ciò di cui non bisogna temere, su ciò che condiziona e ciò che libera. L’azione dell’uomo virtuoso è dettata dal dovere, è compiuta senza orgoglio o attaccamento materiale verso il risultato ed è offerta a Dio: è basata quindi sulle Scritture e per questo ha un potere purificatore su chi la compie. L’uomo così influenzato è entusiasta, determinato e non influenzato dal successo o dall’insuccesso. Il cibo gradito all’uomo virtuoso è un cibo nutriente, dolce, succulento e gustoso come latticini, cereali, zuccheri, frutta e verdura: aumenta la durata della vita, purifica l’esistenza, dà forza, salute, felicità e soddisfazione.
Per quanto riguarda il sacrificio, esso è compiuto dall’uomo virtuoso come un dovere, senza alcun desiderio personale, secondo le istruzioni delle Scritture e senza aspettarsi alcuna ricompensa, così come anche l’austerità viene compiuta con fede e senza desiderare benefici materiali.
Chi si impegna nello via dello yoga, come anche il religioso, aspira a trascendere i legami materiali per potersi dedicare senza eccessive zavorre alla realizzazione spirituale, ma per poter raggiungere questo fine sono necessarie sincerità e determinazione.

Concludo con una storia presa in prestito dalla tradizione dei Nativi Americani che reputo educativa e stimolante:

Un vecchio indiano Cherokee stava istruendo i nipoti sulla vita. Disse loro: “Un combattimento è in atto dentro di me… è un combattimento terribile tra due lupi. Un lupo rappresenta la paura, la collera, l’invidia, la tristezza, il rimpianto, l’avidità, l’arroganza, l’ambizione, il risentimento, l’inferiorità, la menzogna, la falsità, l’orgoglio, la superiorità e l’ego. L’altro impersona la gioia, la pace, l’amore, la speranza, la condivisione, la serenità, l’umiltà, la gentilezza, la benevolenza, l’amicizia, l’empatia, la generosità, la veridicità, la compassione e la fede. Questo stesso combattimento è in atto dentro di voi, e dentro ogni altra persona.” I ragazzi rifletterono un attimo e poi uno di loro chiese al nonno: “Quale lupo vincerà?” L’anziano Cherokee rispose: “Quello a cui darai da mangiare.”




Kali Yuga. L'Era della discordia e dell'ipocrisia (giugno 2010)

Kali Yuga. L'Era della discordia e dell'ipocrisiaL'epoca in cui viviamo è complessa, difficile e per molti aspetti addirittura oscura: siamo infatti in Kali yuga, l'era della discordia e dell'ipocrisia.

Gli antichi testi vedici parlano di questo periodo storico come di un'epoca di decadenza e grandi conflitti, mentre i saggi già molte migliaia di anni fa prevedevano che nel corso di questo yuga il genere umano avrebbe creato serie complicazioni per sé e per il pianeta Terra.


        In accordo all'antica
cultura vedica, il tempo è scandito da una ripetizione ciclica di ere, detta Maha yuga, o Grande Era, che comprende quattro periodi distinti, detti yuga.

Il Satya yuga, o Era dell'Oro, ha una durata di 1.728.000 anni ed è la prima delle quattro epoche. In questa era, la virtù, sattva, è l’influenza dominante. Gli uomini sono spontaneamente coscienti della propria natura spirituale e coltivano la realizzazione del sé attraverso lo yoga della meditazione, metodo che risulta attuabile con successo vista la lunghissima durata media della vita di cui godono i suoi abitanti. Solo spiritualisti abitano il pianeta in questa era.

Il Treta yuga, la cui durata è di 1.296.000 anni, è detto Era d'Argento e si registra un leggero decadimento dei valori ma la realizzazione spirituale rimane sempre lo scopo principale nella società umana. Vengono compiuti opulenti sacrifici rituali per favorire l’elevazione di tutti gli esseri viventi e spiritualisti e materialisti, anche se separati geoculturalmente, risiedono sullo stesso pianeta.

Il Dvapara yuga, della durata di 864.000 anni, è l’Era del Bronzo: i valori subiscono un’ulteriore flessione, senza però scendere sotto livelli di eccellenza. La realizzazione spirituale si ottiene attraverso l’adorazione delle Divinità e spiritualisti e materialisti prendono nascita anche all’interno della stessa famiglia.

Infine viene il Kali yuga, la cui durata è di 432.000 anni. E’ l'epoca in cui viviamo oggi, l'Era del Ferro, iniziata circa cinquemila anni fa. In questo tempo il degrado è rapido e continuo, come enormemente ridotta è la durata della vita in confronto alle ere precedenti. Materialista e spiritualista convivono nello stesso individuo, costringendolo ad una lotta interiore senza fine.

Nelle ere che hanno preceduto il Kali yuga la realizzazione spirituale era possibile solo grazie alla pratica di severe austerità, commisurate alla straordinaria intelligenza e prestanza fisica degli individui che vivevano a quei tempi.

Le storie puraniche raccontano di yogi che in Satya yuga rimanevano in meditazione per decine di migliaia di anni, di sacerdoti che in Treta yuga compivano complicatissimi sacrifici rituali, nei quali non era consentito sbagliare neppure un accento nella pronuncia dei mantra prescritti, pena il fallimento della cerimonia stessa.

I brahmana dello Dvapara yuga adoravano le Divinità con uno sfarzo inimmaginabile ai giorni nostri. I metodi di realizzazione spirituale prescritti per le ere precedenti sono impossibili da seguire in Kali yuga e i testi sacri ne sconsigliano la pratica.

L'uomo di Kali yuga è generalmente poco attratto dalla realizzazione spirituale e preferisce indulgere in attività materiali. Identifica il proprio sé con il corpo, è molto concentrato sull'aspetto fisico e considera il godimento sensoriale come il fine ultimo della propria vita.

Apparire è più importante che essere e uomini e donne non hanno conoscenza del proprio vero sé e si struggono nel tentativo di contrastare l'invecchiamento, considerato un male da nascondere. Pur di esibire un aspetto giovanile, felice e vincente secondo i canoni attuali, oggi è pratica normale ricorrere ad iniezioni di silicone, tagli e cuciture per sagomare il corpo nella vana speranza di frenarne l’inevitabile decadimento ed ottenere un'anelata quanto impossibile felicità materiale.

Il consumismo crea ed alimenta questi modi di pensare, costringendo la gente a rincorrere futilmente sempre nuove presunte esigenze.

In nome del progresso e della libertà il meccanismo consumistico invita a liberarsi dalle zavorre del pensiero moralista e valori quali l’onestà, la veridicità, la compassione, il rispetto o la tolleranza diventano ostacoli per chi desidera raggiungere facilmente notorietà, visibilità e ricchezza.

Ma sei o sette miliardi di esseri umani egocentrici finiscono per rendersi vicendevolmente la vita complicata e si ritrovano collettivamente in una situazione di sofferenza fisica, disagio psichico ed incertezza sociale a vari livelli.

La domanda da porsi è se la civiltà stia veramente progredendo oppure sta avvenendo l'esatto contrario?

La società vedica tradizionale era principalmente composta da piccoli nuclei di una ventina di famiglie che vivevano in modo semplice a contatto con la natura. Tutti coltivavano pensieri elevati sotto la guida di un maestro spirituale autentico che si preoccupava di assistere la società nella ricerca dell'equilibrio psichico, fisico e spirituale.

Il sistema sociale del varnasrama dharma garantiva armonia e protezione sociale e spirituale a tutti gli esseri viventi.

Nella società vedica essere era molto più importante che apparire e gli stessi regnanti vivevano in modo sobrio e distaccato le agiatezze che la loro posizione garantiva. L'opposto succede oggi!

Nei testi puranici troviamo storie di grandi personaggi che sacrificavano le proprie esigenze personali per il genuino benessere del popolo su cui regnavano.

Negli stessi testi apprendiamo come in età avanzata i grandi re ed gli imperatori preferissero ritirarsi nella foresta in totale povertà per meditare e praticare la spiritualità piuttosto che rimanere pateticamente aggrappati alla loro posizione privilegiata.

Chanakya Pandit, famoso politico vissuto in India circa 2300 anni fa, in un periodo in cui la civiltà vedica era ancora ben radicata, utilizzò la sua sottile ed efficiente diplomazia per permettere l'espansione di uno dei regni più importanti della storia indiana recente, quello di Chandragupta Maurya, della dinastia Gupta.

Chanakya Pandit di giorno vestiva abiti eleganti e raffinati, adeguati al ruolo che rivestiva ed usufruiva di tutti i privilegi offerti dalla sua posizione, ma non appena adempiuti i suoi doveri ufficiali egli si ritirava in una umile capanna dove studiava, pregava e scriveva testi per il beneficio sociale e spirituale della società. Ancora oggi i suoi scritti sono apprezzati e seguiti nel mondo intero.

I regnanti rappresentavano coerentemente una società che metteva davanti ad ogni cosa la realizzazione spirituale e non la ricerca della felicità materiale, per sua natura effimera e imprevedibile. Il popolo seguiva volentieri questi modelli illuminati, dal carattere esemplare, dando vita ad una civiltà armoniosa, feconda e felice, rimpianta da tutti quelli che oggi la studiano.

Cercare di ripristinare situazioni passate è tuttavia pura utopia, senza possibilità di reale successo.

L'obiettivo è piuttosto quello di risvegliare l'identità spirituale assopita in ogni individuo, di aiutare la gente a discernere la realtà spirituale dall'illusione materiale, ciò che è eterno dal temporaneo.

Queste sono le conoscenze indispensabili per ottenere equilibrio e serenità interiori e realizzare permanentemente la pace sociale.

Kali yuga ha generalmente un decorso degenerativo inarrestabile ma tuttavia il particolare Kali yuga in cui ci troviamo a vivere oggi possiede l'insolita benedizione di un sottoperiodo di attenuazione della negatività.

Se ci guardiamo intorno scopriremo come parallelamente al pensiero materialista comune se ne stia diffondendo uno di altra natura, in cui converge un numero sempre maggiore di individui alla ricerca di una alternativa positiva. Alimentazione naturale, modelli di vita meno stereotipati, dialogo e migliori relazioni con il prossimo, lettura di testi più profondi sono alcune delle attività che accomunano questa persone.

Un popolo “alternativo”, sostanzialmente poco interessato a mettere al primo ed unico posto della propria vita la carriera, il denaro o il sesso, che desidera riscoprire un modo di vita più semplice, che soprattutto ha il coraggio di guardarsi dentro.

Sri Caitanya MahaprabhuIl sottoperiodo dell'Oro che durerà complessivamente 10.000 anni, è iniziato 511 anni fa con la nascita di Sri Caitanya Mahaprabhu (1486-1544) in Bengala, India.

Sri Caitanya Mahaprabhu è universalmente riconosciuto come mistico e santo ed è figura Divina per chi segue la tradizione vaisnava.

Interessante notare che, quasi fosse una strategia ben precisa, contemporaneamente alla Sua venuta, sia in Occidente che in Oriente grandi personaggi storici hanno partecipato al rinascimento della società umana.

Sri Caitanya Mahaprabhu non ha solo lasciato insegnamenti d’inestimabile valore religioso, culturale ed etico, conservati negli scritti dei suoi discepoli diretti, ma ha anche lottato contro il sistema delle caste distribuendo la coscienza di Krishna (Dio) senza alcuna discriminazione ed avviando un movimento culturale e spirituale destinato ad unire le genti di tutto il mondo.

Sri Caitanya Mahaprabhu ha diffuso il canto e la recitazione del mantra

Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare

che viene considerato dai saggi di ogni epoca e dalle antiche scritture l'unico metodo efficace per contrastare le influenze di Kali yuga, risvegliando efficacemente la coscienza spirituale in quest'era buia.

Sempre più religiosi e ricercatori adottano il mantra Hare Krishna nelle loro pratiche quotidiane, a prescindere da credo e orientamento filosofico.

Il mantra Hare Krishna si situa infatti di là di ogni categorizzazione materiale e la sua recitazione porta beneficio a chiunque, senza richiedere di abbracciare un'altra fede.

Dopo l'avvento di Sri Caitanya Mahaprabhu molti sono i maestri che si sono adoperati per portare al mondo intero il messaggio vedico e il mantra Hare Krishna. Tra loro, Bhaktivedanta Swami Prabhupada, fondatore del movimento Vaisnava conosciuto popolarmente come Hare Krishna, ha diffuso questo messaggio in Occidente in maniera pura ed originale, come mai era stato fatto prima.

Con lui la cultura vedica esce dall'area accademica e trova applicazione pratica. Fu anche grazie agli insegnamenti di Bhaktivedanta Swami Prabhupada che il disordinato rifiuto di una società materialista basata sul consumismo vagheggiato dagli hippies a cavallo degli anni 60/70, per molti ha preso forma evolvendosi in una realtà positiva e spirituale.

Il vero anticonformista di oggi difficilmente consuma alcolici, fuma o esibisce atteggiamenti troppo eccentrici. L'alternativa si manifesta interiormente e questo tipo di anticonformista possiede la chiave che apre le porte del mistico e ineffabile mondo della conoscenza spirituale, a cui volendo si può accedere nonostante tutto intorno imperi il Kali yuga, la temibile Era del Ferro.


La Domanda e l'Offerta nella Religione (maggio 2010)

  • Che cos'é la religione, oggi?

  • Quali guide religiose?

  • Chi cerca la spiritualità?


La Domanda e l'Offerta nella ReligionePremessa

Un'analisi completa sulla relazione che intercorre tra l’attuale domanda e offerta in termini di religione può essere lunga e impegnativa ed ovviamente non può essere esaurita nelle poche righe di cui è composto questo documento. Offro quindi le mie osservazioni come semplici spunti di riflessione.

La più estesa scolarità degli ultimi decenni è stata affiancata da una stupefacente crescita della fruibilità dell’informazione, due fattori che sommati tra loro hanno partecipato ad infrangere barriere culturali e ideologiche vecchie di secoli, creando i presupposti per mettere in dubbio credenze, dogmi e verità da sempre considerate amovibili.

E’ evidente come politica e religione abbiano accusato il colpo, assistendo impotenti all'assottigliarsi delle proprie fila di militanti e praticanti, andati invece ad affollare quelle dei liberi pensatori. Questa pretesa indipendenza intellettuale è tuttavia solo teorica, poiché oggi assistiamo ad una semplice alternanza di chi stabilisce le linee guida di una società ormai saldamente nelle mani del mondo dell'economia.

Lasciare che il mercato stabilisca i valori della vita umana è l'eloquente segno di una pesante sconfitta, perché il commercio si basa sull’affare e sul guadagno a qualunque costo e favorire la divisione per stimolare competitività che aumenti i consumi è un meccanismo intrinseco della sua filosofia.

Dopo questa breve premessa, utile per mettere a fuoco la situazione attuale, possiamo affrontare con maggiore obiettività il tema della domanda e dell'offerta nella religione.

Che cos'é la religione, oggi?
Un pensiero forse riduttivo, ma molto diffuso, intende la religione come un percorso che sostiene l’individuo durante la sua esistenza terrena, fornendo orientamenti etici che qualora seguiti, porteranno alla serenità in questa vita e alla salvezza dopo la morte. Un'altra facile credenza, anch'essa molto popolare, vuole che la sola adesione ad un certo credo garantisca nel tempo la redenzione.

Ecco allora che della religione vengono colti, con un certo opportunismo, i soli aspetti rituali e liturgici, mentre i significati profondi si perdono, oscurati da quelli marginali, facilmente plasmabili. Il cerimoniale è un aspetto importante della religione ma è subordinato alla realizzazione spirituale; se ciò non viene compreso i riti saranno snaturati e il loro scopo e significato verranno perduti.

Quali guide religiose?
Il messaggio spirituale è fecondo e porta i suoi frutti quando chi lo trasmette e lo insegna (sacerdoti, brahmana, imam o rabbini) ne vive i principi con purezza, chiarezza, entusiasmo e senza duplicità. In caso contrario, l'individuo di oggi, non più istruito ad aderire ad un credo con le sue leggi o imposizioni e privo di figure spirituali genuine di riferimento, vedrà gradualmente scemare il proprio interesse nella religione.

Alla fine si convincerà che essa, con i suoi rituali, faccia semplicemente parte della memoria storica della propria cultura, considererà la fede un lenitivo alle preoccupazioni per individui facilmente suggestionabili, una mera scelta morale o un rifugio per menti deboli in fuga dalla realtà. I religiosi verranno reputati semplici officianti di rituali stantii o, peggio, giudicati persone socialmente poco utili.

L’esempio e la coerenza con l'enunciato è essenziale per dare credibilità spirituale, stimolare interesse e fornire una guida autorevole. Un giorno, nel corso di un’assemblea pubblica in India, alla quale partecipavano diversi capi religiosi, uno studente sollevò il dubbio di come, osservando quello che succede nel mondo, si potesse guardare con ottimismo alla religione.

Ai confini con il Pakistan e il Bangladesh gli Indù e i Musulmani si scontrano continuamente, mentre in Sri Lanka sono i Buddisti a combattere contro gli Indù. In Medio Oriente, Musulmani, Ebrei e Cristiani alzano le armi gli uni contro gli altri e persino i seguaci di una stessa fede combattono tra loro, cattolici contro protestanti, sciiti contro sunniti. Lo studente terminò chiedendo come si potesse pensare che le religioni rappresentino qualcosa di buono se sono spesso solo causa di guerre?

Da un certo punto di vista aveva ragione e solo con un'analisi profonda e critica possiamo sciogliere il suo dubbio, ma per farlo occorre partire prendendo in considerazione le qualità che devono necessariamente possedere i capi religiosi per essere considerati tali. In realtà, queste guerre hanno veramente poco a che fare con la religione. E' evidente invece come essa sia spesso strumentalizzata da uomini confusi e di pochi scrupoli che si dichiarano uomini di Dio e utilizzano la fede per perseguire scopi politici, economici o di potere.

Di capi religiosi ispirati e genuinamente guidati da Dio ne sono rimasti pochi e la loro autenticità è provata dal loro attivismo spirituale che stimola, indipendentemente dal credo professato, la pratica di un'autentica vita spirituale. Queste anime eccelse diffondono messaggi che creano pace, amore e fratellanza, contrariamente a quelle cosiddette guide religiose che inducono al separatismo, al settarismo ed ai conflitti in nome di Dio.

 L’allusione all'esclusione o all'emarginazione della religione nella vita sociale emersa nell'intervento dello studente indiano, è tutto tranne che una soluzione. Le conseguenze dell’impostazione prettamente materialista del mondo di oggi sono chiaramente visibili nei suoi effetti collaterali come il vertiginoso aumento del disagio esistenziale che sfocia in comportamenti disperati e distruttivi, violenza gratuita, abuso di droga, alcool, sofferenza mentale e degrado sociale e ambientale.

Chi cerca la spiritualità?
Quando parlo e mi confronto con la gente scopro un profondo desiderio di spiritualità, mentre contemporaneamente annoto spesso avversione o disinteresse per l'aspetto ritualistico della religione. La spiritualità è intesa come una ricerca interiore più matura, slegata da facili sentimentalismi e trasmessa in un messaggio puro, libero da lacci istituzionali. Spesso la religione istituzionale non riesce a fare fronte a questo tipo di domanda in modo adeguato alle esigenze moderne.

Inoltre la gente è sempre meno disposta ad assumere atteggiamenti di reverenza convenzionale verso i religiosi, a cui spesso viene chiesto di guadagnarsi con i fatti il rispetto loro dovuto. Le persone, in genere disilluse, vogliono capire e non credere ciecamente, desiderano verificare costantemente il proprio progresso interiore e cercano il confronto diretto con chi rappresenta la religione e i suoi principi.

La gente chiede di gioire attraverso la spiritualità e angosciarsi nel tentativo di combattere il peccato non è più un'opzione comunemente accettata. Il ricercatore moderno frequenta corsi di meditazione, di yoga, di filosofia mistica, partecipa a seminari e conferenze sul controllo della mente, sulla coscienza immateriale, sull’equilibrio cosmico, cercando percorsi nuovi per aprirsi alla spiritualità. Ma le religioni ufficiali sono consapevoli di questo fervore, figlio della società di oggi?

L’offerta religiosa deve essere rinnovata e resa comprensibile e fruibile per le generazioni che cambiano, pena il suo svilimento e il progressivo abbandono a favore di improbabili collage filosofici tanto “creativi” e popolari quanto spiritualmente inefficaci.
Srila Bhaktivinoda Thakura (Bengala, 1838-1914), grande erudito e maestro spirituale realizzato, ha scritto:

“Il maestro superficiale e lo studente superficiale sono i due grandi nemici del progresso (sulla via della realizzazione spirituale). La vera guida spirituale consiglierà di preservare ciò che è stato già ottenuto e di continuare il cammino dal punto in cui siamo arrivati. Non ci consiglierà mai di tornare alla linea di partenza, sapendo bene che sarebbe un’inutile perdita di tempo prezioso e spreco del nostro lavoro. 

Piuttosto, egli indicherà nuove mete da raggiungere, aggiustando la direzione di marcia. Nessun pensiero è inutile, i pensieri sono mezzi attraverso i quali raggiungiamo i nostri obiettivi. Un pensiero è una strada che conduce ad un’altra strada.”

L’individualismo estremizzato, la superficialità, l’insoddisfazione ed il disagio esistenziale sono realtà dei nostri giorni, ma lo sono anche la maggiore apertura mentale e lo scambio culturale. E' da questi presupposti che si può partire per riformulare una proposta religiosa attraente, allontanandosi da rigide prese di posizioni che non portano frutto.

La sfida per il religioso è quella di rendere il messaggio spirituale interessante per l'uomo moderno, senza per questo snaturarlo in alcun modo. Per concludere, ancora una citazione dagli scritti di Srila Bhaktivinoda Thakura: “I grandi riformatori diranno di essere apparsi non per distruggere la vecchia legge ma per adempierla.

Valmiki, Platone, Gesù, Maometto, Confucio, Caitanya Mahaprabhu lo asseriscono espressamente, sia a parole che con la loro condotta, che rimane il mezzo più efficace per comunicare.”

Ogni religione è un mezzo per avvicinarsi a Dio e la finalità comune è quella di aiutare gli esseri viventi a sviluppare un sincero amore per Lui. L’amore non è qualcosa che si può imporre o decretare, l’amore nasce e cresce solo nel cuore e si trasmette solo con il cuore.


 

 

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